Brano: [...]della « guerra di posizione» ha grande importanza nello sviluppo del suo pensiero, ma anche perché proprio su questo problema sono state recentemente tentate delle false e tendenziose interpretazioni che sì sforzano di opporre le posizioni di Gramsci a quelle di Lenin.
Il tema è strettamente connesso, come del resto ha rilevato anche Togliatti, alTelaborazione di Gramsci della teoria dell’egemonia e alla sua critica della teoria troschista della rivoluzione permanente. Conviene quindi rifarsi, per chiarire meglio la cosa, al saggio sulla Quistione meridionale, dove Gramsci a un certo punto, usando per la prima volta, — mi pare — il termine di « egemonia del proletariato », afferma che i comunisti torinesi, prima ancora che sul piano teorico si erano posti concretamente il problema dell’egemonia del proletariato affrontando la questione delle alleanze della classe operaia. È da qui, io credo, che bisogna partire: dal nesso pratico tra il problema dell’egemonia e la questione politica delle alleanze.
Non ogni alleanza, però, implica il concetto[...]
[...]se contadine, con l’aiuto delle quali era giunta al potere. Abbkmo cosi qui una concezione delle alleanze delk classe operaia che prevede la loro dissoluzione appena vengano in primo piano e si pongano direttamente gli obiettivi delk trasformazione socialista delk società. Ne deriva una concezione della dittatura del proletariato che esclude la possibilità per la classe operaia di dirigere ancora i suoi alleati appena sono raggiunti i compiti della rivoluzione democraticoborghese, che esclude quindi l’egemonia della classe operaia in un’alleanza con altri ceti sociali per la costruzione di una società socialista.
Questa impostazione del problema ha grande importanza per le conseguenze che necessariamente se ne ricavano nella strategia delk rivoluzione socialista, anche sul piano internazionale. Ad esempio, dalla sua teoria delk rivoluzione permanente, con la concezione che abbiamo già ricordato dell’inevitabile dissoluzione delle alleanze che hanno permesso alla classe operaia di conquistare il potere, Trotzki traeva la conseguenza dell’impossib[...]
[...]oluzione socialista, anche sul piano internazionale. Ad esempio, dalla sua teoria delk rivoluzione permanente, con la concezione che abbiamo già ricordato dell’inevitabile dissoluzione delle alleanze che hanno permesso alla classe operaia di conquistare il potere, Trotzki traeva la conseguenza dell’impossibilità della costruzione del socialismo in un solo paese e vedeva quindi l’unica salvezza dello Stato sovietico nella possibilità di suscitare la rivoluzione negli altri paesi. « Le contraddizioni — scriveva Trotzki — nella situazione del governo operaio di un paese arretrato, con una maggioranza schiacciante di popolazione contadina, potranno trovare la loro soluzione soltanto su scala internazionale, suH’afena delk rivoluzione mondiale del proletariato ».
Per Lenin, invece, come per Gramsci, la soluzione di queste contraddizioni può essere trovata soltanto nella funzione egemonica della classe operaia, nella sua capacità di dirigere questa maggioranza non proletaria delk popolazione. Lenin si rendeva conto che questo compito del proletariato [...]
[...]ificato e possiamo ora controllarlo sui testi stessi di Lenin.
Nel passo citato vi è in realtà un solo termine di riferimento, alla formula — scrive Gramsci — del « fronte unico ». Togliatti nella sua relazione ha chiarito come tale riferimento vada riportato ai dibattiti e alle 'tesi del III Congresso deFIntefnazionale, che è del 1921. Il richiamo è effettivamente illuminante e particolarmente utile oggi, di fronte ai tentativi di presentare la Rivoluzione d’Ottobre come una rivoluzione di minoranza, fatta dall’alto, rispetto al metodo della conquista democratica della maggioranza che sarebbe esclusivo delle società capitalisticamente evolute. Il III Congresso deH’Internazionale rifiuta questa assurda contrapposizione, non perché la seconda tesi non sia vera, ma perché è falsa la prima. « Quando si dice che in Russia — diceva Lenin — abbiamo vinto quantunque avessimo un piccòlo partito, si dimostra di non aver capito la rivoluzione russa e di non capire niente di come si deve preparare la rivoluzione ». « Noi in Russia, eravamo' un piccolo part[...]
[...]ivoluzione di minoranza, fatta dall’alto, rispetto al metodo della conquista democratica della maggioranza che sarebbe esclusivo delle società capitalisticamente evolute. Il III Congresso deH’Internazionale rifiuta questa assurda contrapposizione, non perché la seconda tesi non sia vera, ma perché è falsa la prima. « Quando si dice che in Russia — diceva Lenin — abbiamo vinto quantunque avessimo un piccòlo partito, si dimostra di non aver capito la rivoluzione russa e di non capire niente di come si deve preparare la rivoluzione ». « Noi in Russia, eravamo' un piccolo partito, ma avevamo con noi la maggioranza dei Soviet dei deputati operai e contadini di tutto il paese » \
La polemica è qui rivolta contro i « sinistri » dei partiti comunisti dei paesi occidentali che pretendevano di fare la rivoluzione, con l’assalto audace di minoranze agguerrite, senza preoccuparsi della conquista della maggioranza. Insistendo sulla necessità della conquista della maggioranza come premessa indispensabile di ogni rivoluzione socialista, in Occidente o in Oriente, nei paesi industrialmente più avanzati o in quelli più arretrati, il III Congresso elabora la nuova tattica del fronte unico, come necessaria in quel momento, nei paesi occidentali, per la conquista della maggioranza, e giustamente in questa tattica Gramsci vede un esempio di passaggio dalla guerra manovrata alla guerra di posizione.
È possibil[...]
[...]rovare altri riferimenti, per questo richiamo di Gramsci alte posizioni di Lenin, in documenti anteriori al 1921.
1 L’Internazionale comunista, Roma, 1950, pp. 324 e 327.590
Gli interventi
Già infatti in un discorso del 7 marzo 1918, il rapporto sulla guerra e sulla pace al VII Congresso del Partito, Lenin si rendeva conto di questa necessità di passare dalla guerra di movimento alla guerra di posizione, sia in Russia dove si era fatta la rivoluzione, sia nei paesi europei dove la rivoluzione non era incominciata. « Quanto più è arretrato — diceva allora Lenin — il paese nel quale in virtù degli zigzag della storia, 'ha dovuto incominciare la rivoluzione socialista, tanto più è per esso difficile passare dai vecchi rapporti capitalistici a rapporti socialisti. Ai compiti della distruzione si aggiungono qui nuovi compiti, di una difficoltà inaudita, i compiti di organizzazione ». Questi nuovi compiti, aggiunge Lenin, non potevano essere assolti con un « attacco alla baionetta », cosi come si era riusciti, a fare per i compiti della guerra civile.
«Per tutti coloro — continua Lenin — che avevano meditato sulle condizioni economiche di una rivoluzione socialista in Europa non poteva non 'essere 'evidente che è infinitamente più difficile comi[...]
[...]uovi compiti, di una difficoltà inaudita, i compiti di organizzazione ». Questi nuovi compiti, aggiunge Lenin, non potevano essere assolti con un « attacco alla baionetta », cosi come si era riusciti, a fare per i compiti della guerra civile.
«Per tutti coloro — continua Lenin — che avevano meditato sulle condizioni economiche di una rivoluzione socialista in Europa non poteva non 'essere 'evidente che è infinitamente più difficile cominciare la rivoluzione in Europa e 'infinitamente più facile cominciarla da noi, ma che da noi sarà più difficile continuarla ».
E ancora : « La Rivoluzione non verrà cosi presto come noi speravamo, la storia l’ha dimostrato, e bisogna accettarlo come un dato di fatto, bisogna saper tener conto che la rivoluzione socialista mondiale nei paesi progrediti non può incominciare con la stessa facilità con cui è incominciata in Russia, paese di Nicola e di Rasputin, dove per un’immensa parte della popolazione era indifferente sapere quali popoli abitassero la periferia e che cosa colà avvenisse. In un paese simile era cosa facile incominciare la rivoluzione, facile come sollevare una piuma. Ma cominciare senza preparazione la rivoluzione in un paese dove si è sviluppato il capitalismo, che ha dato una cultura e il senso dell’organizzazione democratica a tutti gli uomini, sino all’ultimo, sarebbe un errore, un’assurdità » 1.
Si capisce meglio, mi sembra, tenendo presenti queste pagine di Lenin, il senso esatto delle considerazioni di Gramsci, e si può valutare meglio l’importanza delle sue conclusioni. « In Oriente — scrive Gramsci, cioè in Russia — lo Stato era tutto, la società civile era primordiale e gelatinosa; neirOccidente, tra Stato e società civile cera un giusto rapporto,
1 Opere scelte, Mosca, II, 1948, p. 283[...]